

L'opera narra la storia di un popolano, Giovanni Valjean, che, per avere rubato del pane destinato a sfamare i bambini di sua sorella, viene imprigionato; a causa dei suoi numerosi tentativi di evasione, verrà condannato all'ergastolo.
Quando finalmente Giovanni Valjean esce dal carcere, il suo animo è ormai inasprito dalla lunga convivenza con delinquenti di ogni risma e dall’acredine nei confronti di quella società ingiusta che lo aveva condannato e che ora mostra verso di lui un’implacabile ostilità e sembra destinato a diventare un vero criminale. L'incontro con mons. Myriel riesce a suscitare in lui un profondo desiderio di riabilitazione. Da quel momento il cuore di Valjean esce dall’ombra e si avvia verso la redenzione.
Estratti:
Quando I miserabili vennero pubblicati, Lamartine scrisse: «Questo libro d’accusa contro la società potrebbe intitolarsi più giustamente l’epopea della canaglia; è il romanzo del popolo, ora crapulone, ora sognatore, spesso sublime, soprattutto utopista, talvolta dannoso, sovente eroico».
Si tratta infatti di un imponente romanzo epico-sociale, in cui l’individuo e la collettività si articolano continuamente, dando espressione tanto ai problemi e alle reazioni del singolo, quanto a quelli della massa; è come una sorta di vasto repertorio di vizi e virtù, una specie di immensa metafora, capace di accogliere tutto ciò che di buono o di malvagio può nascere nel cuore della gente comune.
Ciascun personaggio rappresenta quindi una tesi, un ideale di vita, che ha per fondamento la pascaliana concezione dell’uomo visto come creatura infinitamente misera e infinitamente grande.
Ma il pensiero di Pascal rimaneva a un livello di speculazione filosofica astratta e distaccata, mentre Hugo lo esprime concretamente, lo fa vivere con l’esempio dei suoi personaggi e lo colorisce attraverso le descrizioni di una gran quantità di emozioni, turpitudini, istinti, reazioni e sentimenti.
Giovanni Valjean è certamente il personaggio che meglio incarna questa concezione: è un “miserabile” e un disgraziato che è riuscito a sottrarsi alla dannazione eterna per merito del suo sforzo di redenzione, attuato mediante l’amore, la pietà e la carità.
Comunque nessuno meglio dell’autore stesso è riuscito ad indicare il senso e il significato simbolico del suo romanzo, che si rivela, prima di tutto, come una grandiosa epopea dell’anima: «Il libro che il lettore ha sottocchio in questo momento (…) è una marcia dal male verso il bene, dall’ingiusto verso il giusto, dal falso al vero, dalla notte al giorno, dall’appetito alla coscienza, dalla putredine alla vita, dalla bestialità al dovere, dall’inferno al cielo, dal nulla a Dio. Punto di partenza: la materia; punto d’arrivo: l’anima. Idra al principio. Angelo alla fine».
Victor-Marie Hugo nasce a Besançon nel 1802 ed è il terzogenito di Léopold Sigisbert Hugo, un capitano dell’esercito napoleonico, e di Sophie Trébuchet.
Trascorre la prima infanzia a Parigi nell’ex convento delle Feuillantines, poi segue, insieme alla famiglia, gli spostamenti del padre in Italia e in Spagna. Lasciandosi guidare dalla propria vocazione artistica, fonda, con il fratello Abel, Il Conservatore Letterario.
Fin dalla gioventù mostra di possedere una grande ambizione; infatti nel 1813 (o 1816) scriverà: “Voglio essere Chateaubriand o niente”.
Inizia contemporaneamente la carriera di poeta e di romanziere e con la pubblicazione delle prime opere (Le odi e Anna d’Islanda) ottiene una discreta pensione e la simpatia di Luigi XVIII. È, a quel tempo, cattolico e monarchico e afferma di non sentirsi né classico, né romantico, ma conciliatore.
Nel 1822 sposa Adèle Foucher, dalla quale si separerà nel 1833 per legarsi alla giovane attrice Juliette Drouet.
Le nuove teorie romantiche si fanno gradualmente strada nel suo animo e lo conquistano definitivamente con la stesura, nel 1827, del dramma in versi Cromwell, la cui Prefazione è considerata da molti un manifesto anti-classico.
Nel 1829 pubblica Le orientali, una raccolta di poesie che dimostra l’adesione dell’Autore allo slancio filo-ellenico del tempo. Sempre allo stesso anno risale la stesura de L’ultimo giorno di un condannato, romanzo di tendenze umanitarie, che esprime il dissenso verso la pena di morte. Seguono due drammi: Marion Delorme, la cui rappresentazione è in un primo tempo vietata dal governo, e La battaglia di Ernani, che riesce, col suo grande trionfo, a forzare le porte della commedia francese, fino allora cittadella dei classici.
La rivoluzione letteraria di V. Hugo precede di poco quella politica di luglio; egli stesso lo presagisce quando nella Prefazione dell’Ernani scrive: “Il romanticismo altro non è che il liberalismo nella letteratura”. Su queste basi ideologiche fonda Il Cenacolo, che raccoglie i romantici militanti del tempo (artisti, scrittori, poeti, quali, per esempio, Balzac, Nerval, Gautier), che lo considerano il loro caposcuola incontestato e il simbolo della nuova generazione.
Dopo il successo dell’esperienza teatrale, V. Hugo cerca di indirizzare verso il romanticismo anche quel genere letterario che contribuirà largamente ad assicurargli la gloria, rendendolo uno scrittore estremamente popolare: il romanzo. È soprattutto col romanzo, infatti, che si ha la misura della sua immaginazione e della sua potenza verbale; è il romanzo che, diffondendo una morale semplice e generosa, riesce a toccare il cuore di un grande pubblico.
Fra il 1830 e il 1840 compone altre quattro raccolte liriche e mette in scena molti drammi; questi lavori mostrano l’evolversi delle idee e del pensiero dello scrittore.
Nel 1843 la figlia maggiore, Léopoldine, annega nella Senna e il dolore del padre è talmente profondo da distoglierlo dall’attività letteraria. È in questo periodo che V. Hugo intraprende, con grande impegno, l’attività politica, che gli permetterà di conseguire la nomina di Pari di Francia, di Deputato all’Assemblea Costituzionale ed infine, nel 1876, la carica di Senatore.
Quando nel 1848 scoppia la rivoluzione, egli si mostra partigiano assoluto di Luigi Napoleone III, ma presto comincia, con interventi liberali e umanitari, ad avvicinarsi sempre più alla sinistra; matura in lui una tenace ostilità verso Napoleone III. Rischia, per questo, di essere arrestato ed è costretto a lasciare la Francia.
Il suo esilio dura fino al 1870. In questo periodo V. Hugo riprende l’attività letteraria e compone le sue opere maestre, fra cui I miserabili (1862).
Quando ritorna in patria, è l’idolo della sinistra repubblicana e lo scrittore popolare per eccellenza.
Muore a Parigi nel 1885. Le sue spoglie sono conservate nel Pantheon di Parigi.
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